#COWT9 – Cerimonia di Chiusura

Cyprian forza Celestia sulle ginocchia, tirandole le braccia dietro la schiena per bloccarla con una corda ruvida la cui treccia di fibre brilla rossa di sangue e magia. Il fango dell’arena le si appiccica ai vestiti, le imbratta le ginocchia, penetra nei tagli sulla sua carne e le accende sottopelle un fuoco che brucia appena un po’ meno della rabbia per la sconfitta subita.

“Eccoci dunque qui, Veggente in carica,” dice Jyx, rassettandosi la sciarpina attorno al collo, “In ginocchio e sottomessa, come la volevi. Ora, per tutti gli dei di questa e di tutte le altre lande, poniamo cortesemente fine a questo ridicolo teatrino, così che ognuno di noi possa tornare a percorrere la propria strada.”

Celes si volta appena a scambiare un’occhiata densa di significato con Hush, la quale, a qualche metro di distanza, rigida e tesa al fianco di Knight, lo fissa con intensità, gli occhi carichi di determinazione. Questa ragazzina, che solo pochi mesi prima si è guadagnata il diritto di scegliere del destino di Celestia, al suo arrivo su Tanit non era che una bambina piagnucolosa e capricciosa. Oggi, al pari di tutti gli altri, si è distinta nel corso di una battaglia che ha richiesto da lei un contributo ben più profondo del semplice sangue. Al fianco della sua donna ha combattuto senza esclusione di colpi, armi e magia al servizio di un bene superiore, e come lei chiunque altro. La coraggiosa Knight dall’impareggiabile forza, il silente Melek con la sua profonda conoscenza dell’anima intrinseca di ogni elemento del cosmo, il potente Jyx dallo spirito eterno, e come loro anche tutte le altre figure che hanno collaborato a conseguire questa vittoria, suo padre Metacomet, la sua matrigna Vesper, zia Abilene, zio Cyprian e il giovane Clun, l’imbattibile Ailin, Miguel e Dimitri, Jake e Antonio, nonna Giovanna…

Celes stringe i pugni con forza tornando a guardare Celestia.

“Eccoti qui.”

“La tua altra metà,” gli ricorda Melek.

“La mia metà peggiore.”

“La tua altra metà,” insiste sua madre, appoggiandogli una mano sulla spalla.

Celes decide di non rispondere. Si allontana da lei con delicatezza, invece, inginocchiandosi di fronte a Celestia, scrutandola negli occhi.

“Dimmi come,” ordina, “Dimmi come sei possibile.”

“Non lo so,” ribatte lei, rifiutandosi di ricambiargli lo sguardo. È esausta, si vede. Sfibrata. Quello che non le ha tolto lo scontro, le hanno portato via le ultime parole di Manila. La donna che considerava sua madre. La donna che ha deciso di abbandonarla per il suo altro figlio. “Quando mi hai rifiutata, con la stessa semplicità con cui mi hai buttata fuori dal tuo corpo, così io sono nata.”

“Non è stato semplice.”

“Permettimi di dubitarne,” insiste lei, tagliante, “Se fosse davvero stato così difficile, non l’avresti fatto. Mi avresti accettata.”

“Io non volevo accettarti.”

“E io non potrò mai accettare questo,” risponde Celestia, voltandosi finalmente a guardarlo, negli occhi un ultimo bagliore, l’ultima fiamma prima che il fuoco si estingua. “Quindi facciamola finita.”

Celes digrigna i denti e poi scatta ad afferrarle la gola, stringendola forte con entrambe le mani. “Tu non hai il diritto di stabilire come e quando questa cosa avrà fine!” urla, “Non avevi il diritto di nascere! Non avevi il diritto di esistere! E adesso che esisti, che so chi sei e perché sei così, cosa ti aspetti da me?!”

“Celes!” lo chiama Manila, ma lui la ignora.

“Io non voglio ucciderti!” grida ancora, stringendo la presa attorno alla sua pallida gola.

Celestia nemmeno reagisce. Espone il collo, piegando il capo all’indietro, una cascata di riccioli rossi incrostati di fango e sangue che le si sparge sulle spalle. Si sottomette senza proteste, ed è questo che porta Celes a mollare la presa.

“Celes!” grida a questo punto anche Hush, che vede l’esecuzione allontanarsi. Knight la ferma prima che possa fare un passo, scuotendo il capo.

Celes si accorge a malapena di tutto ciò. Delle voci dei suoi amici e alleati, dei loro movimenti. I suoi occhi, concentrati su Celestia, non vedono altro. Le sue orecchie non sentono altro. Tutto il suo intero corpo non è in grado di percepire niente di diverso.

“Dimmi,” intima, “Se ti lascio andare adesso, cosa farai?”

Lo sguardo di Celestia torna ad accendersi, mentre scoppia in una risata incattivita e selvaggia. “Tu provaci!” quasi grida, “Provaci solo a lasciarmi andare! Inseguirò te e chiunque ami finché non vi avrò schiacciati sotto il mio tallone! Vi prenderò nel sonno! Non vi lascerò più niente, neanche la vita!”

La sua voce si spegne in un rantolo esausto, e lei china il capo in avanti, le spalle scosse dai singhiozzi.

Celes capisce. Da qui non c’è più ritorno. Qualcuno deve porre la parola fine su questa vicenda, e tocca a lui.

Le prende la testa fra le mani. Stringe forte e chiude gli occhi. Dai suoi palmi, che istante dopo istante si fanno incandescenti, si sprigiona una luce fortissima. Magia pura che si concentra, che penetra nelle fibre, attraverso la pelle, distruggendo i muscoli, frantumando le ossa.

Con un ultimo grido disperato, Celestia diventa polvere. Celes la guarda accumularsi in una piccola montagnola di fronte a lui.

Potrebbe raccoglierla. Invece, aspetta pazientemente che la disperda il vento.

Jake lo disturba solo dopo un eterno silenzio. “Ohi,” dice, “Di loro cosa ne facciamo?”

Le quattro guerriere di Celestia giacciono in terra, prive di conoscenza, insieme alle loro bestie. L’unica che sembra ancora padrona di sé stessa, almeno per un istante prima di svenire, è la giovane Ahm-Gi, ancora talmente carica di magia da brillare come il firmamento. Secondo le regole della Æthereal Rumble, è l’ultima a chiudere gli occhi ad essere decretata vincitrice della competizione. Celes si domanda se, quando sarà tornata in sé, questa vittoria avrà per lei ancora lo stesso senso che avrebbe avuto prima che tutto questo accadesse.

Poi si riscuote, e scuote il capo. “Queste donne sono innocenti,” dice, “Se hanno agito come hanno agito, lo hanno fatto solo perché guidate da Celestia. Spiegheremo loro la situazione, quando si saranno ridestate. Cureremo le loro ferite e risaneremo le loro invocazioni. Le condurremo alle loro Lande di appartenenza. Dopodiché, non saranno più affar nostro.”

“Perdona, giovane Veggente,” si intromette Melek, la voce di chi parla perché deve, non solamente perché può, “Ma sento che la loro parte nella Storia non si è ancora conclusa.”

“E questo ce lo dirà il tempo, e allora saranno loro a decidere che ruolo vorranno assumere,” risponde Celes, quasi stizzito. Si alza in piedi e, quasi nello stesso movimento, si copre il volto con le mani. “Sono esausto,” dice, la voce che trema appena.

Sua madre gli si avvicina, stringendolo in un abbraccio di una tenerezza estrema, nonostante la goffaggine causata dal suo ventre gonfio. “Andiamo a casa, mio Prezioso,” sussurra, accarezzandogli il collo, “Lì potrai riposarti.”

Appoggiandosi a lei perché lo sostenga come sempre ha fatto in passato, Celes annuisce.

*

Due mesi dopo, Celes è nuovamente al fianco di sua madre. Le stringe forte la mano sinistra, mentre alla sua destra suo zio Lacros fa lo stesso con l’altra mano libera. Entrambi la incitano e la sostengono mentre supera l’ennesima prova imposta dalla sua natura al suo corpicino da fata: suo fratello sta per nascere, e il cuore di Celes batte all’impazzata.

Quando il bambino, finalmente, viene alla luce, è Lænton a prenderlo in braccio per primo. Sorride dolcemente, ripulendolo ed avvolgendolo in una morbida coperta di lino, prima di consegnarlo fra le braccia di sua madre.

“È un maschio,” dice, “Congratulazioni. A entrambi,” aggiunge, avvicinandosi a suo marito per baciarlo teneramente sulle labbra.

Lacros scoppia in una risata che trema come pianto, ricambiando il bacio per poi chinarsi su Manila e stringerle le spalle in un abbraccio infuocato. “Ti amo,” le sussurra sul collo, “Ti adoro. È così piccolo. È così bello.”

“Ti assomiglia,” ride lei, premendo il naso contro la sua guancia prima di voltarsi a guardare il nuovo nato. “Benvenuto, mio Eterno,” gli sorride, accarezzandogli una guancia, “Il tuo nome è Calico. Colui che protegge. Vivrai una vita lunga e piena. Che tu possa essere forte. Che tu possa essere pietra. Che tu possa essere scudo,” conclude, chinandosi a baciarlo sulla fronte.

Calico ha un faccino serio e composto, un broncio di pesca che, Celes immagina, è già l’anticipazione di ciò che sarà la sua espressione quando, fra molti anni da adesso, sarà nominato Sommo Priore al posto di un padre che nessuno dovrà mai sapere suo.

Mentre sorride, si allunga ad accarezzarlo, e sua madre glielo offre come un dono. “Vuoi mostrarlo a Occhioni e Dentini, vero?” indovina.

Celes annuisce, prendendo il fratellino fra le braccia. È pieno di magia, lo percepisce al tatto. Tutta la forza che sua madre ha mostrato nel corso della battaglia finale veniva da lui. Da questo minuscolo fagiolo rosa e oro.

Continua ad ammirarlo, bello com’è, mentre lo conduce fuori dalla stanza, dove Langley e Shannen lo aspettano. Langley, visibilmente, non sta più nella pelle. Salta in piedi quando lo vede arrivare, gli corre incontro, stringe lui e il bambino in un abbraccio forte quasi da spezzarli entrambi, e Celes si allontana con una mezza risata, tenendolo a bada.

“Piano,” dice, “Siamo piccoli e fragili.”

“Siete bellissimi,” lo corregge lui, la voce che vibra per l’emozione, “Oh, Dio, siete stupendi. Vederti con un bambino in braccio mi fa cose che non riesco a spiegare.”

“E che nessuno vuole sentire,” commenta Shannen, avvicinandosi e guardandolo con la solita espressione indifferente. È riuscito ad alzarsi dal letto solo la settimana scorsa, e i suoi movimenti sono ancora lenti e macchinosi, ma grazie agli dei la sua personalità è sopravvissuta intatta. Celes riceve con gratitudine il mezzo sorriso che gli rivolge, e gli mostra il bambino perché possa studiarlo con attenzione. “Tua madre?”

“Sta bene.”

“E lui?”

Celes ride. “Lui è il nostro piccolo Eterno. Si chiama Calico.”

“Che nome delizioso!” mugola Langley, “Benvenuto, Calico!”

Celes ride ancora, e la sua risata si solleva, libera e leggera, fino ai soffitti di cristallo del palazzo.

COWTers, ce l’abbiamo fatta! \o\ La nona edizione della challenge a squadre più impegnativa del web è stata archiviata questo mercoledì con la vittoria del team Ahm-Gi, che per la prima volta si aggiudica la sfida! Congratulazioni alla squadra che indubbiamente ha scritto più parole di tutti, raggiungendo vette raramente toccate da altre squadre nella storia del COWT.

E nonostante questo, la classifica è insolitamente corta, segno che neanche le squadre alle loro spalle si sono date per vinte e hanno lottato fino alla fine: complimenti dunque a Eva Lirica, seconda classificata, a Pmviira, terza classificata, e a Gaelin, quarta classificata! Ecco la classifica.

CLASSIFICA FINALE
AHM-GI 55923
EVA LIRICA 55722
PMVIIRA 54870
GAELIN 54494

Qualche curiosità numerica!

  1. È stato il COWT in cui sono state scritte più parole! Abbiamo raggiunto e superato di pochissimo i CINQUE MILIONI di parole scritte (per la precisione, 5.012.948 parole), cifre che quando eravamo su LiveJournal si scrivevano in un intero anno. Dovete essere assolutamente fieri di quanto avete fatto!
  2. In testa per numero di parole c’è Ahm-Gi con 1.709.473 parole, seguita da Eva Lirica con 1.380.490 parole, da Pmviira con 1.114.433 parole e da Gaelin con 808.552 parole. Per le prime tre squadre si tratta della migliore prestazione di squadra di sempre, per Gaelin della seconda miglior prestazione. Sono dei numeri favolosi!
  3. I podi settimana per settimana, per numero di parole:
    Week 1: Ahm-Gi, Pmviira, Gaelin
    Week 2: Ahm-Gi, Pmviira, Eva Lirica
    Week 3:  Pmviira, Ahm-Gi, Eva Lirica
    Week 4: Eva Lirica, Ahm-Gi, Pmviira
    Week 5: Ahm-Gi, Eva Lirica, Pmviira
    Week 6: Eva Lirica, Ahm-Gi, Pmviira
    Week 7: Ahm-Gi, Eva Lirica, Pmviira

Grazie a tutti per la partecipazione! Per Calico niente regali ma solo buste in denaro, mi raccomando! Ah, e i Viaggiatimbrini arrivano presto… così presto, che li troverete nei vostri profili tra stasera e domani!